Nel nostro Paese negli ultimi anni stiamo assistendo a un cambiamento del regime degli incendi che richiede un cambio di strategie nel governo del fenomeno.

Arrivata la stagione delle piogge già non si parla più d’incendi del bosco, incendi che hanno devastato i boschi italiani molti dei quali nelle aree protette, e s’inizia a temere per i dissesti idrogeologici.
In molti casi la vegetazione colpita dal fuoco si riprenderà dopo vari anni, mentre i danni diretti alle vittime, sia esse umane che animali, sono irreparabili, come pure i danni indiretti sulla stabilità dei versanti con possibile innesco a breve e a lungo termini di frane. Con il cambiamento climatico, la temperatura dei mari italiani nell’estate 2017 ha raggiunto valori di oltre tre gradi rispetto alle medie dell’ultimo ventennio, le correnti d’aria si caricheranno maggiormente di umidità e saranno potenzialmente in grado di generare, come negli scorsi anni, piogge brevi e intense, concentrate nello spazio.
Per contenere i danni indiretti causati dagli incendi che interferiscono con le dinamiche dei versanti è necessario cartografare, nell’ambito dei singoli bacini idrografici, le aree percorse dal fuoco e, a valle di queste aree non più protette dalla vegetazione, i potenziali elementi a rischio (strade, opere, aree urbanizzate). In caso di riscontro delle condizioni d’instabilità dei versanti è necessario integrare il Piano di Protezione Civile e renderlo operativo per le aree potenzialmente interessate da colate di fango o detritiche (incanalate o diffuse). Le soglie di precipitazioni in grado di innescare fenomeni di dissesto idrogeologico possono essere individuate con modellazioni matematiche, ma il sistema di allertamento deve basarsi su stazioni di monitoraggio pluviometrico ben distribuite e in grado di registrare e trasmettere i dati in continuo a una stazione di controllo... => download intero comunicato

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