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A Cura di Giuseppe Gisotti e Antonello Fiore

La piena lampo (flash floods) che lo scorso 20 agosto 2018 ha interessato il Torrente Raganello (Parco nazionale del Pollino, Calabria settentrionale), con sviluppi tragici, ci porta a riflessioni e considerazioni che abbiamo voluto proporvi a riflettori e polemiche spenti, o semi spenti.

Il dramma si è consumato nel tratto di monte in un torrente con gole molto profonde e strette, che si restringono fino a pochi metri, e profilo longitudinale con forti pendenze. Con queste caratteristiche un’onda di piena, determinata da una pioggia breve ma intensa come tante di quelle registrate in questa stagione estiva 2018, percorre l’alveo del torrente con un’elevata velocità ed energia; una piena caratterizzata da un elevato trasporto torbido è in grado di spazzare via in pochi secondi tutto ciò che incontra sul proprio percorso. Sono piene improvvise e rapide (flash floods) tipiche dei piccoli bacini idrografici di montagna.
L’improvvisa ondata di piena che ha interessato il Torrente Raganello, corso d’acqua del versante calabrese del massiccio del Pollino, ha sorpreso 44 escursionisti (adulti e bambini) che stavano svolgendo attività sportivo-ricreative nelle gole del torrente. Alcuni sono riusciti a mettersi in salvo, ma per altri non c’è stato scampo e sono stati travolti dalle acque. E’ stato stimato che l’ondata possa aver raggiunto, dal livello ordinario, un’altezza anche 2,5 metri. I morti accertati sono stati 10, altre 11 persone sono state ricoverate in ospedale, mentre le rimanenti 23 sono state tratte in salvo dalle squadre di soccorso accorse sui luoghi. Le dimensioni della tragedia hanno fatto si che si sviluppassero da subito le polemiche sul disastro, polemiche finalizzate a trovare a tutti i costi e nei tempi brevi delle cronache i soggetti cui attribuire le colpe. Minore attenzione si è registrata per comprendere le cause indirette che hanno spezzato all’improvviso 10 vite, vite che avevano solo voglia ed entusiasmo a passare una giornata diversa delle loro vacanze, una giornata immersi nella natura. Ci sono state anche le polemiche sul sistema di allertamento meteo della Protezione Civile visto che era stato diramato sulla zona “allerta gialla” della Protezione Civile. Il Capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, che è arrivato sul posto il 22 agosto, ha detto che l’evento “era prevedibile”. Alessandro Tocci, il Sindaco di Civita, - piccolo abitato con meno di 1000 abitanti - dove si è consumata la tragedia, quando gli è stata posta la domanda del perché, nonostante le segnalazioni di pericolo, ossia l’allerta meteo della Protezione Civile, non avesse emesso un’ordinanza di divieto di accesso alle gole, ha replicato che “nessun cittadino o associazione ha segnalato situazioni di pericolo. E comunque, non era possibile farlo vista la lunghezza e la molteplicità di accessi all’area del torrente, che si estende su più Comuni”. Infatti, il bacino idrografico del torrente si estende su tre comuni: Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara. Per la “fase operativa” la rete di monitoraggio delle piogge della Calabria, gestita dalla Regione, si avvale di 149 pluviometri: se viene superata la soglia di attenzione, la strumentazione invia i dati all’Arpacal, l’Agenzia regionale per l’ambiente, che a sua volta allerta la Protezione Civile. Nello specifico, nel bacino idrografico del Raganello non ci sono pluviometri: i due pluviometri più vicini al luogo del disastro sono quelli di Cerchiara e quello di Cassano Jonio, che il giorno dell’evento non hanno misurato piogge.

Da quanto affermato da testimoni della zona, gli escursionisti colpiti dal disastro non erano adeguatamente attrezzati per quel tipo di escursione. C’era un’allerta gialla che prevedeva anche esondazioni improvvise e, come ha affermato il capo della Protezione Civile nazionale, “… gli escursionisti hanno sottovalutato il rischio di un’improvvisa perturbazione”. D’altra parte la Calabria è una terra predisposta a questi fenomeni, dal 1860 al 2017 si sono registrate 522 vittime per alluvioni o frane (fonte CNR-IRPI). La memoria corre al disastro del 10 settembre 2000 quando nel Comune di Soverato (provincia di Catanzaro), alle prime ore del mattino un campeggio sulle rive del Torrente Beltrame fu spazzato via da un’onda di piena, costituita da acqua e fango. Tende, roulottes e campeggiatori vennero trascinati fino al mare, distante circa 50 metri. Morirono 10 campeggiatori e i dispersi furono 5. Il camping aveva occupato lo spazio naturale del corso d’acqua, una zona a rischio idrogeologico riconosciuta dalla Regione, però malgrado questo era stato tollerato.
Di seguito riportiamo alcune considerazioni.

Prima considerazione. Il passaggio verso una fase climatica calda, come quello attualmente in corso, ha determinato pure un cambio nella tipologia dei dissesti: oggi per esempio non sono solo le grandi alluvioni nei grandi bacini idrografici, come il Po, l’Arno e il Tevere, che necessitano di atteggiamenti preventivi, bensì gli eventi rapidi nei piccoli bacini montani, che seguono immediatamente le piogge, intense e concentrate nello spazio: si tratta di eventi chiamati piene-lampo (flash floods), valanghe di detrito (debris avalanches), colate di fango (mud flows). Essendo rapidi e improvvisi il loro preannuncio è difficile e purtroppo sono molto pericolosi per la vita umana, essendo caratterizzati da velocità elevata e forte energia cinetica. E’ questo il caso del Torrente Raganello. In queste situazioni la gestione del territorio deve necessariamente cambiare il proprio stile e andare verso un nuovo adattamento a quello che i cambiamenti climatici stanno determinando.

Seconda considerazione. Alcuni hanno messo in evidenza, anticipando ogni analisi e approfondimento investigativo, l’insufficiente funzionamento della “allerta precoce” (early warning): così vengono indicati allarmi (warnings) che vengono diffusi nell’intervallo di tempo intercorrente tra il momento in cui vengono osservati fenomeni indicanti la generazione di un evento potenzialmente pericoloso e il momento in cui l’evento colpisce una determinata località. La scala temporale caratteristica dell’early warning può variare da ore a giorni per alluvioni e frane; va da se che per un piccolo bacino come quello del Raganello, la scala temporale si riduce a poche ore, se non a frazioni di ora.
E’ bene ricordare che dagli anni ottanta del 1900 all’estate scorsa si sono registrati in Italia almeno dieci eventi analoghi a quello del Raganello che hanno causato 23 vittime tra i turisti. La particolarità di questi eventi è la concomitanza di più fattori: la morfologia che costringe le acque a incanalarsi e corrivare velocemente, l’intensità delle piogge e la presenza delle persone lungo i sentieri o i canyon (fonte CNR-IRPI).
In questi ambienti montani così tanto frequentati, perché inseriti in un contesto paesaggistico/naturalistico unico, i sistemi di allertamento, anche i più sofisticati, soffrono del cosiddetto “digital divide” per cui devono essere integratiti con piani di sicurezza predisposti in funzione delle caratteristiche dei luoghi e del numero massimo di escursionisti consentiti. Gli stessi escursionisti, oltre a essere attrezzati con dispositivi di protezione individuale, devono essere informati (ovvero devono informarsi) prima della partenza delle previsioni meteo in termini di allerte esistenti e quindi di come reagire in caso di emergenza. Inoltre nei percorsi a rischio andrebbero installati strumenti di autoprotezione come corde trasversali e vie di fuga (scalette lungo le pareti). Bisogna lavorare affinché vengano agevolate le attività sportive/ricreative in questi ambienti, che portano economia per le popolazioni locali di aree marginali, attraverso una politica di turismo sostenibile e sicuro.

Terza considerazione. La scorsa primavera sono morti quattordici alpinisti in sette diversi incidenti della montagna; persone esperte, consapevoli dei rischi che correvano e dell’incertezza che la loro attività sportiva/ricreativa comportava. Nelle gole del Raganello sono morti “turisti” che volevano trascorrere una mezza giornata immersi nei paesaggi bellissimi del Pollino. La morte di turisti ci spinge a sostenere con forza strategie politiche volte alla conoscenza e alla consapevolezza, bisogna lavorare attraverso la formazione scolastica e la sensibilizzazione dei mezzi d’informazione affinché tutti abbiano la reale percezione dei contesti ambientali che frequentano e abbiamo la percezione del rischio che eventi naturali possono innescare.

Cosa si può dire a proposito di questa ennesima tragedia; non certo fatalità come alcuni l’hanno voluta interpretare. Raganello, Soverato, Sarno, Scaletta Zanclea, Rigopiano sono classificabili come “disastri rapidi” o “disastri-lampo”, i quali sono i più pericolosi, distruttivi, apportatori di numerose vittime rispetto ai “disastri lenti”, e sono correlati ai cambiamenti climatici, apportatori di eventi idrologici estremi, piogge intense, nevicate, gelate concentrate nel tempo e nello spazio. La responsabilità di queste tragedie, a prescindere da quello che diranno le indagini, va ricercata anche nella incapacità che ancora abbiamo a trasmettere e rendere cogenti questi semplici concetti chiave: adattamento, conoscenza e monitoraggio dei fenomeni, e consapevolezza.

Non saranno certamente nuovi cartelli o potenti uffici tecnici comunali (impossibili in piccoli comuni con meno di 1000 abitanti), né modelli previsionali e di monitoraggio e allertamento avanzati che riusciranno a evitare altre tragedie come quella del Raganello. Esse potranno essere ridotte solo se si interviene in maniera integrata creando continuità di vedute e di azioni tra chi gestisce il territorio e chi quel territorio vuole viverlo o è costretto a viverlo, educando a convivere con consapevolezza.
E' ormai giunto il tempo di lavorare tutti insieme, istituzioni, enti di ricerca, ordini professionali, associazioni culturali e scientifiche per promuovere la cultura della consapevolezza e ripristinare il rispetto delle regole condivise, dobbiamo lavorare insieme per dare fiducia e sicurezza a chi vuole vivere la natura cercando di abbandonare l’approccio imperante di addossare sempre agli altri la responsabilità di quello che è accaduto.

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